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Analisi del voto del Parlamento Europeo del 24/09/1003

Posté le venerdì 23 luglio 2004 di Antonella BECCARIA, François PELLEGRINI

Introduzione

Questo testo analizza il voto del Parlamento Europeo consecutivo all’adozione, in prima lettura, del rapporto emendato della relatrice Arlene MacCarthy sulla proposta di Direttiva Directive COM2002(92) [1] relativa alla « brevettabilità delle invenzioni implementate dagli ordinatori ».

Questo rapporto è stato adottato, certamente, ma la proposta di direttiva non assomiglia affatto a quella che abbiamo combattuto, perché i numerosi emendamenti che sono stati votati [2] hanno trasformato una direttiva per la legalizzazione dei brevetti sul software [3] in una direttiva che vieta i brevetti sul software [ href="#r04">4].

Si può dunque considerare questo voto come una vittoria, anche se il testo così emendato deve ripassare davanti alla Commissione Europea e al Consiglio dove le lobby pro-brevetti, riunite in « gruppo di lavoro sulla proprietà intellettuale », è molto potente e farà di tutto per ribaltare quello che è stato realizzato.

Alcuni termini importanti

è impossibile comprendere la portata della direttiva senza una piccola spiegazione dei termini principali del testo utilizzati per la sua redazione.

« Effetto tecnico »
Ai sensi della legge sui brevetti, come nello spirito della maggioranza delle persone, una invenzione è un dispositivo o un procedimento materiale che apporta una soluzione a un problema concreto: macchina a vapore, regolatore di velocità per la macchina a vapore, filo per tagliare il burro, eccetera. Per evitare che il brevetto sia applicato a discipline industriali, la maggior parte degli uffici brevetti hanno dunque definito che, per essere brevettabile, un’invenzione, oltre alla novità e all’inventiva, deve avere un « carattere tecnico ». Questo termine non è stato sfortunatamente definito con precisione all’epoca, ma lo si è inteso sostenendo che l’invenzione debba avere un effetto fisico determinato nel suo ambiente.
Analogamente, in origine, tutte le funzioni logiche per pilotare queste invenzioni erano realizzate da strumenti materiali (meccanici, idraulici, poi elettronici), ma con l’irruzione dell’informatica, via via queste funzioni logiche sono stata realizzate via software, « dematerializzando » un po’ alla volta la realizzazione di queste invenzioni. Non di meno, e questo è il punto critico della battaglia in corso, queste funzioni logiche, che siano realizzate da strumenti materiali o via software, sono astratte e dunque non brevettabili. Così, si può brevettare un regolatore di velocità a ruota, puramente materiale, sulla base della messa in opera della forza centrifuga per regolare l’emissione di vapore nei cilindri, se è innovativo (e lo era nel 1770). E ancora, si può brevettare un regolatore di velocità basato su un rilevatore ottico che misura la velocità di rotazione dell’asse della massa e mosso da un servo-motore sull’immissione di vapore, se non è già stato fatto, ma il fatto che la funzione logica di controllo sia realizzata via software non lo rende brevettabile perché questo processo di controllo è immateriale proprio come il principio della forza centrifuga che si usa per il regolatore a ruota. Esattamente come non si può brevettare la forza centrifuga, ma la messa in opera all’interno di un dispositivo dato, è possibile brevettare il dispositivo di regolazione informatizzato, ma non il software che contiene.
è giustamente quello che la CEB del 1973 ha ripreso negli articoli 52.2c e 53: un dispositivo ibrido in cui intervengono elementi materiali e software è brevettabile se la parte materiale costituisce un’invenzione, ma il software, in quanto tale (« as such »), non è brevettabile e deve dunque essere escluso dalle rivendicazioni di brevetto.

Ciononostante, allettati dagli introiti che potrebbero raccogliere, sia gli uffici brevetti che le grandi imprese del software hanno cercato di renderlo brevettabile. Per quello hanno stravolto il senso di « as such » argomentando che, se il software in quando tale non è brevettabile, un software utilizzato in un contesto tecnico preciso lo era perché era la causa dell’effetto tecnico prodotto dall’invenzione. Questo ragionamento è certamente assurdo perché tutto il software non fa altro che manipolare i dati astratti e un determinato software, messo in funzione in un emulatore logico, esegue senza produrre effetti tecnici dimostrando quindi che l’effetto tecnico non è assolutamente legato al software ma ai dispositivi materiali che il software comanda.
è per quello che, per limitare la brevettabilità ai soli componenti materiali delle invenzioni, escludendo il software, è sufficiente dire che non sono considerati come tecniche di cui le invenzioni necessitano per « l’utilizzo delle forze controllabili della natura ».


« Invenzione implementata da un elaboratore »
Questo termine, creato dalle lobby pro-brevetti, è volontariamente confuso e destinato a ingannare i politici con poteri decisionali sulla portata del brevetto; serve infatti ad aggirare l’Articolo 52.2c della Convenzione Europea sui Brevetti (CEB) del 1973 che esclude con ragione il software dal sistema dei brevetti.
L’obiettivo perseguito dalla direttiva era di precisare le condizioni della brevettabilità per i dispositivi ibridi, materiali e logici, ed erano queste invenzioni ibride che si rientravano sotto il termine di « invenzione implementata da un elaboratore ». Infatti, come appariva sia da una lettura piú approfondita del rapporto della signora MacCarthy che da un’operazione di interpretazione degli articoli della direttiva, ciò non permetteva solamente di brevettare le invenzioni che facevano uso di software, ma anche le invenzioni interamente realizzate con software: in altre parole, si concedeva la brevettabilità del software.
è per rimuovere questa ambiguità deliberata che alcuni emendamenti proposti miravano a sopprimere questo termine dal testo della direttiva.

Spiegazione degli articoli

Ecco una rapida spiegazione della direttiva emendata, articolo per articolo. Le considerazioni sono state parzialmente emendate il che significa che qualcuno può ancora affermare che gli algoritmi sono brevettabili. Non di meno, solo gli articoli avranno forza di legge.

Articolo 1
Questo articolo è il solo che non è stato emendato. Avremmo voluto che il termine « invenzione implementata da un elaboratore » sparisse e che l’Articolo 1 sottoscrivesse piuttosto che: « La presente direttiva stabilisce le regole concernenti i limiti della brevettabilità e delle possibile messe in opera dai brevetti per quanto riguarda i programmi per elaboratore ».
Ciononostante, non è molto grave attualmente e sarà con ogni probabilità oggetto di emendamenti in seconda lettura.
Articolo 2a
Specifica precisamente la nozione di « invenzione implementata da un elaboratore », dimostrando che questa deve possedere caratteristiche tecniche e che i programmi per elaboratore fanno parte di un ambito non tecnico.
Articolo 2b
Ricorda le quattro condizioni di brevettabilità.
Articolo 2
Articolo molto importante, che sottoscrive che la condizione di tecnica fa parte di altri riferimenti al mondo fisico e che il fatto di utilizzare dispositivi tecnici per trattare i dati non rende le procedure per il trattamento dell’informazione (cioè il software) tecniche e dunque brevettabili.
Articolo 2d
Limita la brevettabilità al mondo industriale. Le implicazioni di questo articolo sono grandi.
Articolo 3
Il trattamento dei dati non è campo brevettabile, vietando così i brevetti sul software, i metodi commerciali ed educativi, eccetera.
Articolo 4.1
Necessità di una condizione tecnica.
Articolo 4.3
Solo le innovazioni legate alle caratteristiche brevettabili rendono l’invenzione innovativa e dunque brevettabile. Così, un software nuovo eseguito all’interno di un dispositivo materiale precedente non potrà rendere il dispositivo brevettabile. In caso contrario si riconoscerà di fatto l’ingresso del software negli ambiti della brevettabilità.
Articolo 4.3a
Afferma la necessità che il contributo tecnico sia legato a nuovi usi di forze della natura. Completa l’articolo 2c rendendo necessario - e non solo sufficiente - la necessità di un contributo tecnico.
Articolo 5
Rifiuta i brevetti sui metodi intellettuali (software, metodi educativi, commerciali, eccetera).
Articolo 6
L’articolo 6 è decaduto poiché il rifiuto sui brevetti software rimuove qualsiasi problema di interoperabilità. L’articolo 6a ha tuttavia una portata considerevole perché di fatto comprende i sistemi ibridi e permette una interoperabilità su questi sistemi, almeno a livello dei formati di dati.

E adesso?

Il testo votato in plenaria dal Parlamento Europeo sarà trasmesso al Consiglio e alla Commissione che, se non lo accoglieranno, lo riscriveranno e sottometteranno al Parlamento Europeo una « versione di compromesso », a sua volta sottoposta al voto in plenaria (ma senza ripassare davanti alla varie commissioni del Parlamento, come nel caso in prima lettura).


Da un punto di vista strategico, qualcuno si è domandato se non sarebbe stato preferibile che la proposta di direttiva fosse stata respinta dal voto in prima lettura perché inutile dal momento che un emendamento alla CEB riaffermerebbe esplicitamente la non brevettabilità del software. Per di più, l’adozione in prima lettura apre la possibilità che una versione rivista dalla Commissione, che autorizza la brevettabilità del software, sia votata dal Parlamento Europeo per disattenzione o stanchezza e/o pressione delle lobby dei brevetti e dei loro alleati extra-europei [5].

Internamente, dato che le modifiche della CEB sono di competenza degli Stati membri dell’UBE, i cui rappresentati sono per la maggior parte membri degli uffici brevetti nazionali, una domanda di modifica della CEB non potrebbe sottrarsi dallo stretto controllo delle autorità politica, che non sono ancora informate della posta in gioco. La presa di posizione del Parlamento Europeo sulla direttiva, dopo un dibattito intenso che ha permesso di esporre piú chiaramente l’insieme degli argomenti, è dunque un punto molto positivo perché contribuisce a questa presa di coscienza. Inoltre, è la prima volta che un testo legislativo definisce esplicitamente la nozione di tecnicità, il che dà a questa direttiva una portata considerevole le cui ricadute vanno ben oltre il mondo del software così come delle frontiere europee. Oltre a ciò, mette i sostenitore dei brevetti software sulla difensiva perché sono ora in dovere di provare in cosa gli emendamenti che vorrebbero reintrodurre potrebbero essere benefici per l’Europa.

Sarà tuttavia necessario sorvegliare attentamente l’evoluzione del dossier in seno al Parlamento Europeo affinché gli emendamenti che saranno introdotti un seconda lettura confermino bene l’orientamento preso, come nel caso della brevettabilità sui viventi. Il voto finale di una parte dei deputati europei (in particolare i gruppi dei Verdi, GUE, EDD, EUN, eccetera) contro il testo traduce giustamente l’intenzione di una parte del Parlamento Europeo a non firmare un assegno in bianco alla Commissione e che saranno attenti nel farsi respingere il testo in seconda lettura, se la Commissione calpestasse la volontà dei rappresentanti dei cittadini.


Si tratta dunque, nei mesi a venire, di fare pressione sui governi nazionali perché possano comprendere la portata degli emendamenti votati sostenendoli al Consiglio e facendo pressione sulla Commissione. Resta quindi ancora molto lavoro da fare.

Riferimenti

[1]

http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/indprop/comp/com02-92fr.pdf
[2]
http://www3.europarl.eu.int/omk/omnsapir.so/pv2?PRG=DOCPV&APP=PV2&LANGUE=EN&SDOCTA=2&
TXTLST=1&POS=1&Type_Doc=RESOL&TPV=PROV&DATE=240903&
PrgPrev=PRG@TITRE|APP@PV2|TYPEF@TITRE|YEAR@03|
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[3]
http://www2.europarl.eu.int/omk/sipade2?PUBREF=-//EP//TEXT+REPORT+A5-2003-0238+0+DOC+XML+V0//FR&
L=FR&LEVEL=3&NAV=S&LSTDOC=Y
[4]
http://swpat.ffii.org/papers/eubsa-swpat0202/plen0309/resu/index.fr.html
[5]
http://swpat.ffii.org/papers/eubsa-swpat0202/ustr0309/

P.S.

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